di Marino Lizza
1 ottobre 2013
Berlusconi sembra all'angolo, vittima dei suoi errori, “assassinato politicamente” dagli avversari, apparentemente in preda a nevrosi e stanchezza patologica (come egli stesso “confessa” nella telefonata “rubata” ad un incauto confidente). Il leader sicuro, l’abile stratega ed astuto tattico, il grande comunicatore, dopo settimane di riflessione lancia l’offensiva e le sbaglia tutte! Nel merito e nel metodo, fino a farsi abbandonare nel volgere di poche ore da decine di parlamentari (molti di quelli che avevano votato finanche Ruby nipote di Mubarak) e dai più fidati colonnelli, uomini che gli devono la totalità delle fortune politiche, e che fino a poche ore prima non avevano mostrato il minimo segno di cedimento, firmando nelle sue mani dimissioni da Parlamento e Governo.
Scenario inverosimile per il sottoscritto.
Berlusconi ha commesso errori nella sua carriera politica, ma mai a freddo e così fragorosi. Toglie la fiducia all’esecutivo consapevole che quattro italiani su cinque sono contrari, e con imprenditori, mercati e mondo cattolico che hanno già proclamato la loro avversione. Decide di lasciare la presa sul governo, collaudata arma a difesa delle aziende di famiglia. Non si accorge che mezzo partito non lo segue, inclusa gran parte di quella componente al Senato costruita in maniera certosina. Il tutto per puntare ad elezioni evidentemente tutte in salita, accelerando peraltro l’ascesa di Renzi a candidato Premier (non avendo Enrico Letta il tempo di scrollarsi di dosso l’ombra delle larghe intese).
E se invece non fosse questo il piano stabilito? E se il Cavaliere avesse messo in cantiere un’altra operazione rischiosa ma potenzialmente redditizia? Immaginiamo per un momento che la mossa tenda deliberatamente alla scissione concordata del PdL, per generare di fatto due “Forza Italia”, una berlusconiana di lotta, ed una moderata e “responsabile” di Governo. Fantastichiamo che la seconda appoggi un “Letta Bis” per 2-3 mesi, fino ad un ennesimo punto insostenibile per i neo moderati-responsabili. Arzigogoliamo poi che la stessa componente precipiti il Paese verso le elezioni, le “due Forza Italia” sicuramente raccoglierebbero nelle urne molto più consenso di una singola offerta politica, peraltro affaticata da due governi di coabitazione, finanche quella maggioranza che oggi appare obbiettivamente un miraggio. Il PD sarebbe nel frattempo accuratamente tormentato dallo sperimentato Beppe Grillo, che a quel punto avrebbe un solo bersaglio. Una tale operazione pilotata eviterebbe peraltro il rischio, non remoto, di “non controllati” peones transfughi verso Lista Civica, magari seguiti da colleghi M5S attratti da SEL, trasformismi propedeutici a letali - per il kingmaker - maggioranze alternative.
La vicenda politico-elettorale di Berlusconi è costellata di formidabili vittorie ed ottime sconfitte. Le seconde non sono solo la conseguenza di recuperi non riusciti fino in fondo, ma anche il risultato di una strategia tesa ad impantanare l’avversario. Nessuno come lui sa ottimizzare il consenso, spremendo un sistema elettorale ideato dal suo governo. Disegna a priori la mappa elettorale per singolo collegio senatoriale, con alleanze politiche più o meno durature ed accordi con “improvvise” formazioni elettorali “di scopo” che tolgono voti al rivale, spesso non ottengono seggi in parlamento ma, prima o poi, posti di governo.
Questo è il momento di remare, lucidamente, controcorrente.