di raffaele morese
Mi dispiace dover ricorrere allo spread per rendere più sintetico un breve ragionamento. Ma mi conforta il ricordo di quando, assieme ad altri sindacalisti venivamo chiamati da Ciampi, allora Presidente del Consiglio di un Governo che doveva proseguire il lavoro di ricostruzione della credibilità dell'Italia avviato da Amato (siamo nei primi anni 90 e a ridosso dell'accordo sulla politica dei redditi), e ci accoglieva leggendoci i dati del differenziale tra il marco e la lira che, piano piano, si accorciava. Era il suo modo di spiegarci come la pensava sulla gestione dell'economia. Uno stile alquanto differente da quello di Berlusconi che, nel riceverci durante il suo primo Governo, ci leggeva in dati su come e quanto spendevano le aziende in pubblicità.
Ebbene, lo spread è sceso sotto quota 300 dopo le primarie dell' “Italia bene comune” ed è salito sopra 350 dopo che Berlusconi ha fatto il doppio annuncio: staccare la spina a Monti e ritornare in campo per le elezioni politiche. Il mercato finanziario non ha mai ragione a priori e bada innanzitutto ai fatti propri; ma anche e perfino questi, alla fin fine, attengono alla credibilità e solidità dei sistemi economici. E l'Italia si dimostra ancora fragile e inaffidabile, se la sua politica invece di fornire ai cittadini una legge elettorale meno sgradevole del porcellum, un provvedimento che blandamente impedisca ai condannati penali di essere eletti e misure efficaci per non far chiudere aziende come l'ILVA, pensa a come sopravvivere.
Ma il momento della verità è vicino. A breve si andrà a votare e verificheremo come la pensano gli italiani. C’è da augurarsi che vogliano uno spread che cali ancora più dei 285 punti che ha indicato recentemente Monti come suo obiettivo auspicabile. Per poter realisticamente puntare a politiche di crescita e di equità bisogna essere al riparo dalle incertezze della finanza pubblica e delle scelte degli investitori. E solo se c’è questo consolidamento, si può dare slancio a l’una e all’altra politica con scelte anche ardite come la ripartizione forzata del tempo di lavoro e una rimodulazione del carico fiscale che non coinvolga soltanto il patrimonio immobiliare (anzi lo alleggerisca, perchè l’IMU è una patrimoniale iniqua), ma anche quello mobiliare.