di Marino Lizza
Il Presidente Obama, insieme al fidato Cameron ed al bellicoso Hollande, si accinge ad uscire dal saloon per andare a punire il cattivo, senza chiamare lo sceriffo. Che Obama sia un buono lo ha certificato uno spericolato conferimento di Premio Nobel per la Pace, forse sulla spinta di un sano ritorno delle origini, quando il premio fu istituito nel 1895 per volere testamentario del chimico svedese Alfred Bernhard Nobel, inventore della dinamite. Cameron, conservatore, si pone sulle orme del laburista Blair, quando decise si seguire Bush nell'improvvida guerra a Saddam, facendo terminare nella polvere la sua brillante carriera politica. Hollande, a quanto pare, sembra avere fatto sistematicamente suo il motto di Lenin à la guerre comme à la guerre, ossia …visto che non si può fare altrimenti! Che Assad sia un cattivo non è oggetto di discussione.
Il casus belli è l’utilizzo di armi chimiche per fare strage di civili, incluse decine di bambini. È angosciante pensare che se Obama mostrerà al mondo in pochi giorni le prove della responsabilità di Assad (prima che gli ispettori ONU terminino le analisi mediche per verificare se è accaduto, per poi indagare chi sia stato) vorrà dire che i suoi 007 sapevano già della disponibilità di armi chimiche. Allora perché attendere inerti la pistola fumante? E poi, quali prove credibili si possono esibire unilateralmente, peraltro dopo la figuraccia di Colin Powell nel 2003 al Consiglio di Sicurezza dell'Onu?
Un attacco militare in Siria senza il mandato ONU sarebbe un passo indietro per la Comunità Internazionale. Non un errore intendiamoci, ma una scelta. Faticosamente gli statisti più illuminati ed i movimenti "guerre à la guerre" hanno costruito nei decenni il sogno delle Nazioni Unite. Il risultato è una sorta di tavolo permanente ove tutti gli Stati, ponderandone il peso, possono dirimere le controversie secondo regole condivise e produrre norme internazionali contro le atrocità. Se si buttano a mare le prime, non si possono invocare le seconde. Si torna un po’ al Far West di John Wayne, in cui le sopraffazioni erano la regola e il cazzotto del pistolero buono la rarissima eccezione, sebbene spettacolare e gratificante. È la logica di quell’America profonda che ama il giustiziere, magari con l’arma in pugno, a costo di stragi insensate, ancora una volta, di giovani. USA e UE avrebbero dovuto già da tempo utilizzare molto più risolutamente le regole del diritto e le pressioni economiche per spingere Putin, grande protettore di Assad, a collaborare per una soluzione politica che evitasse le stragi.
Trattandosi di scelte, la meno comprensibile è quella di Hollande. Se Obama guida una superpotenza che non vuole limiti al suo agire e Cameron sceglie di ossequiare la Special Relationship che lega Londra a Washington dal dopoguerra a spese dei legami con l’Europa, in cambio di cosa Hollande lo segue nell'affossare il soggetto politico UE? La Francia non ha la potenza per una navigazione solitaria in mare aperto, e l’unica Relationship di peso che vanta è con la Germania in seno all’UE. Non a caso sono mesi che il Presidente francese dichiara che l’uscita dalla crisi economica si fonda anche su un corposo rafforzamento del ruolo guida dell’Unione. Dubito che la Francia abbia già il colpo in canna.
Infine l’Italia. Fa bene il Governo ad allinearsi con Berlino sulla necessità di un mandato ONU, e questo per tre buone ragioni. Innanzitutto conviene ad una potenza regionale come l’Italia, che serba aspirazioni globali, mantenere in vita un simulacro di diritto internazionale. Un impegno militare costa milioni di euro al giorno, emorragia decisamente da evitare in questa fase. Infine, i nostri sono gli unici soldati sul teatro di guerra. I mille militari in Libano sono un bersaglio, senza logistica da guerra, in un Paese peraltro già in fiamme.
28 agosto 2013