di Giuseppe Casadio
Ci sono cose facili da sapere, se si vuole; ma che spesso scompaiono fra le tante parole che leggiamo o ascoltiamo, e perfino dalla coscienza di ciascuno di noi.
Martedì scorso, cioè prima che la tragedia di Lampedusa avvenisse, in occasione della presentazione del rapporto del Cnel sul mercato del lavoro, il neo-presidente dell'Istat prof Antonio Golini ha illustrato questi dati:
il continente africano, da oggi al 2050, vedrà aumentare la propria popolazione di un miliardo di persone. Ne consegue che, per far fronte a questo ritmo di crescita, si dovrebbero creare nel continente 700 milioni di posti di lavoro nel corso dei prossimi 25 anni (da qui al 2040). Cioè un numero maggiore di quanti siano oggi i posti di lavoro effettivi nell'intero nord del mondo.
Del tutto inverosimile che ciò succeda. E' dunque inevitabile che un flusso crescente di persone dall'Africa cerchi altre terre. Ma l'Africa ha un oceano a destra e uno a sinistra, mentre a nord ha solo un piccolo mare e l'Europa ricca, e dunque... Tutto ciò a prescindere da guerre, violenze, persecuzioni, carestie ricorrenti che non possono che aggravare la situazione.
E' dunque necessario assumere decisioni concrete subito, quanto meno per tutelare la vita delle persone. Perché le banchine dei porti libici sono ancora gremite di una umanità pronta a salpare comunque, privata di ogni alternativa.
Non è poi tanto difficile individuare cose concrete da fare subito. Ad esempio: comprare radar e satellitari per individuare le imbarcazioni e trarre in salvo le persone prima che muoiano; rendere reato il mancato soccorso; rompere subito i trattati con la Libia; creare canali di immigrazione legali; adeguare le leggi sull'asilo e per i rifugiati; abolire la Bossi-Fini che sancisce il reato di povertà chiamandola clandestinità (un provvedimento che potrebbe essere unanimemente sostenuto, dal momento che lo stesso Berlusconi ha di recente firmato tutti i referendum radicali, compresi quelli in tema di immigrazione. O no?); lavorare per una normativa europea più accogliente creando immediatamente un corridoio umanitario.
Oltre l'emozione che ci assale è necessario schierarsi, travolgere ogni indifferenza innanzitutto nell'opinione pubblica più diffusa. Questo compete a ciascuno di noi.
Giuseppe Casadio Roma 5 ottobre 2013