di Pierre Carniti
I veri problemi dell’Italia non sono stati ancora affrontati. I pregi ed i difetti del Paese rimangono in larga misura quelli di prima e le prospettive economiche sono rimaste le stesse di novembre, quando il “governo tecnico” è entrato in carica. Basti pensare all’assoluta mancanza di una qualunque politica industriale. Che necessiterebbe dell’individuazione di 5 – 6 settori nei quali l’Italia potrebbe competere con successo sui mercati internazionali, concentrando e destinando a questo proposito i trasferimenti pubblici alle imprese, oggi invece sostanzialmente sperperati con una distribuzione a pioggia. Basti pensare alla carenza di una vera politica energetica: oggi l’Italia spende circa 55 miliardi di dollari all’anno per il petrolio importato, contro i 12 miliardi del 1999. Questa differenza è quasi pari all’attuale deficit della bilancia commerciale
In effetti, finora Monti è riuscito a fare poco o nulla per migliorare le prospettive di crescita. Anzi, si è addirittura “incartato” intorno a problemi apparenti. Come alcune pseudo liberalizzazioni, o l’articolo 18 dello Statuto.
Se tutto questo non bastasse, si deve anche fare i conti con la questione cruciale del debito pubblico. Che è il nodo scorsoio stretto al collo dell’economia italiana. Problema che, se non affrontato con una misura straordinaria, in grado di ridurre drasticamente lo stock accumulato, trascinerà inevitabilmente a fondo tutta l’economia. L’idea che la faccenda possa essere risolta semplicemente con politiche di bilancio restrittive non sta assolutamente in piedi, anche perché chi sta in basso nella scala sociale, è stato soprattutto costretto a peggiorare le proprie condizioni di vita, essendosi dovuto sobbarcare la parte prevalente dei costi di aggiustamento dei conti pubblici.